SOLIDARIETA' OLTRE CONFINE

QUANDO LA SOLIDARIETÁ NON HA CONFINI

Grazie alla sinergica collaborazione tra Ente Ospedaliero, Associazioni di Volontariato e il sostegno del Consolato, alcuni bambini bielorussi affetti da gravi problemi di udito, hanno potuto fruire di una visita specialistica per verificare lo stato di salute attuale, ed avere le opportune indicazioni terapeutiche

di Ernesto Bodini


Da tempo, ormai, si va dicendo che il nostro sistema nazionale vacilla per scarsità di risorse umane e finanziarie, anche per quanto riguarda la Regione subalpina. Ma ciò nonostante le prestazioni continuano ad essere erogate, tanto che la spinta del volontariato (come sempre) contribuisce a quel minimo di garantismo per soddisfare anche le esigenze di pazienti di oltre confine. È stata di questi giorni, infatti, la presenza di alcuni bambini in età scolare, provenienti dalla Bielorussia, tutti affetti da seri problemi di sordità per essere visitati dalla dottoressa Patrizia Consolino del Servizio di Audiologia e Foniatria dell’ospedale Martini afferente all’ORL (responsabile dott. Vito Carbonaro) dell’Asl To1, in collaborazione con la pediatra del territorio di Chieri (To) Elisabetta Parisi. Esperienza che ho vissuto in diretta per descriverne “l’operatività”, al seguito anche dell’insegnante dei bambini Iryna Bakhar e dell’interprete Ala Katsuba. Si chiama Alina, e ha 10 anni, la prima bimba che entra nell’ambulatorio. È affetta da sordità congenita, orfana di madre, ed ha una sorella anch’essa ipoacusica e ciò nonostante il suo andamento scolastico è discreto, come pure adeguate sono le sue abilità cognitve. Giunge alla visita sprovvista di apparecchi acustici, viene visitata dalla dottoressa la quale riferisce che la bimba somatizza la propria sordità e per comunicare si avvale della lingua dei segni, con abilità linguistico-lessicale correlata alla grave sordità che non risulta adeguatamente compensata. Frequenti sono anche gli episodi di broncopneumopatia. Al termine della visita viene fornita di nuovi apparecchi acustici. La paziente successiva è anche una bimba di 10 anni e si chiama Palina. Oltre ad essere ipoacusica ha palesi segni di paralisi facciale e accentuato torcicollo con deficit visivo a causa della sofferenza neonatale, per la quale è stata sottoposta a cicli di fisioterapia. È protesizzata ma non porta gli apparecchi acustici (dei quali è sprovvista) ed ha difficoltà ad adattarsi… «La sofferenza neonatale – spiega Consolino – le ha comportato un ritardo generalizzato e una difficoltà motoria importante; oltre a soffrire di difficoltà respiratoria. All’esame di elettrocardiogramma si evidenzia un’ipertrofia ventricolare e ipertensione arteriosa, ma anche una importante ipertrofia tonsillare e delle adenoidi che le causa russamento». Il medico suggerisce intervento di tonsillectomia, previ esami ematologici e visita anestesiologica per una corretta ed eventuale intubazione. Anche lei è sprovvista delle protesi acustiche. La terza bimba in visita ha 10 anni e si chiama Karyna. È affetta da sordità congenita profonda, e portatrice di Impianto Cocleare monolaterale dall’età di due anni. Il guadagno con cui è giunta sembra adeguato, ma la sua insegnante insiste affinché la dottoressa Consolino effettui un controllo della regolazione interna dell’impianto. Viene quindi effettuato un bilanciamento dei canali (in gergo il “mappaggio”) con metodica soggettiva, e quindi attraverso le indicazioni riportate dalla bimba, che riferisce un percepibile miglioramento nella qualità dell’ascolto. Nell’ispezionare il cavo orale il medico rileva un ingrossamento delle tonsille in particolare a sinistra, pertanto la sottopone a fibroscopia. Contemporaneamente viene sottoposta anche ad esami del sangue, che risulteranno essere negativi. «Lo sviluppo del linguaggio – spiega la dottoressa Consolino, dopo averla sottoposta ad esercizi di lettura labiale – al momento attuale non risulta essere in linea con gli obiettivi e con l’età anagrafica. Il ritardo non è cognitivo ma solo verbale; pertanto necessita di eventuale rivalutazione».
È ora la volta di un bimbo di dieci anni, e si chiama Herman. È affetto da ipoacusia congenita con difficoltà nel linguaggio parlato. Anche lui è sprovvisto delle protesi acustiche in quanto non le ritiene “adeguate” e conseguentemente con scarso guadagno personale ai fini della totale autonomia… Nel corso della visita, viene sottoposto all’esame di fibroscopia, in seguito al quale il medico rileva ingrossamento delle adenoidi, il timbro di voce è nasale ed è affetto da prognatismo (presenza di morso inverso), che ha difficoltà mnemoniche e, come conferma l’insegnante, ha scarso rendimento scolastico, ancorché “aggravato” da disgrafia e discalculia; ma precisa che è di carattere socievole e gioca molto volentieri con i compagni. Al momento non risulta efficace alcuna protesizzazione. Anche il successivo paziente è un bimbo, ha nove anni e si chiama Stefan, ed è al suo terzo soggiorno in Italia. È ipoacusico bilaterale (nato da madre sordomuta), ed affetto da grave ipovisione. È di carattere vivace, ha buone capacità di apprendimento e adeguate abilità prestazionali, in linea con gli obiettivi della scelta riabilitativa di base. La sua insegnante riferisce che al momento del vantaggio protesico, la chiocciolina è risultata da sostituire in quanto difettosa: la misura della stessa risulta non più essere compatibile con il condotto uditivo. «L’utilizzo della protesi – è la precisazione della dottoressa Consolino – è comunque limitato, e risulta molto saltuario per il mal funzionamento. Frequenti sono gli episodi di rinite e di orticaria (come confermato dall’insegnante), per cui si ritiene utile una valutazione all’ergologica». Anche nel caso di questo paziente la comprensione verbale avviene dal linguaggio dei segni, mentre è scarsa la lettura labiale in quanto molto poco funzionale, sia per mancanza di allenamento sia per le difficoltà visuopercettive. «In considerazione della scarsa funzionalità della protesi in uso – informa il medico – si fornisce protesi bilaterale che viene opportunamente regolata; nel mentre si attende la fornitura delle chiocciole». L’ultimo paziente ad essere visitato si chiama Shascia ed ha dieci anni. È affetto da sordità congenita, e proviene da una famiglia numerosa con problemi relazionali, anche se tutti i componenti sono normoudenti e con linguaggio adeguato. Il bimbo è venuto in Italia la prima volta due anni fa, e all’epoca adottava una protesi acustica… che ora non ha più. Al momento della visita presenta difficoltà attentive e di apprendimento che possono essere imputate a difficoltà percettive e uditive, non pienamente compensate; ma ciò nonostante è molto comunicativo e intraprendente, tanto da assumere una sorta di ruolo di “interprete” per i compagni. Viene fornito di sostituzione di protesi bilaterali per l’utilizzo in modo continuativo.


Queste visite, che sono durate un’intera mattinata, hanno posto in evidenza non solo la conferma di patologie dell’apparato uditivo, e in taluni casi disturbi di altra natura, ma anche una carenza di progetti educazionali che, al momento sono limitati al solo (o quasi) linguaggio dei segni; mentre secondo la dottoressa Consolino, condivisa dalla collega Parisi, sarebbe opportuno attivare tutte quelle strategie terapeutiche che vanno al di là del linguaggio dei segni, per un buon e più veloce recupero delle capacità uditive e di comunicazione. Una realtà, questa, che riguarda un Paese già duramente provato dal disastro Cernobyl e, anche se sono trascorsi sei lustri, molto probabilmente “a ricaduta” le successive generazioni ne portano le conseguenze. Una deduzione non facile da confermare ma non per questo deve essere “disattesa” la messa in atto di ogni possibile attività medica, sanitaria, assistenziale e rieducativa a beneficio dei piccoli pazienti la cui situazione di handicap “invoca” quel superamento come previsto dalla “Strategia Europea sulla Disabilità per il 2010-2020”.
Un impegno istituzionale “allargato” che sicuramente non troverà soluzioni in poco tempo e alla portata di tutti. Ma nel frattempo possiamo apprezzare il ruolo svolto dall’Associazione “Aiutiamoli a sorridere”, nata a Chieri (To) nel 1997 e presieduta da Arnaldo Corio, con l’obiettivo di ospitare presso oltre un centinaio di famiglie un certo un numero di bambini della Bielorussia, in particolare quelli residenti in zone contaminate dal disastro di Cernobyl. «Il fatto che questi bambini possano venire nel nostro Paese almeno un mese all’anno – spiega Corio – vuole essere un contributo per far vivere loro un periodo (seppur breve) di buona salute, fisica e psicologica, perché oltre alle attenzioni di carattere medico (grazie al disponbilità del Servizio Sanitario Regionale), le attenzioni di carattere affettivo non sono meno importanti e, le famiglie che ogni anno li ospita, possono essere considerate un validissimo contributo». Ed è con queste finalità che i sei bimbi visitati all’ospedale Martini nei giorni scorsi, l’Associazione chierese ha potuto rendere fattibile, in collaborazione con l’associazione “Ciao ci sentiamo”, con la massima e contemporanea partecipazione istituzionale del Console della Repubblica di Bielorussia, Fabrizio Comba che, nel porgere il suo saluto nel pomeriggio conviviale, ha sottolineato: «Se questa operazione di accoglienza per visite mediche è stata possibile è grazie alla significativa sinergia tra le Associazioni torinesi e l’Ente ospedaliero Martini, unitamente alle famiglie ospitanti dotate di un palese sentimento comune di solidarietà, necessario per condividere un percorso per distanziare sempre di più le differenze tra Paesi ed etnie, eludendo il più possibile ogni sorta di svantaggi».



Nella foto in alto: da sinistra il chirurgo dott. Diego Di Lisi, la dott.ssa Patrizia Consolino, il presidente dell’Ass. “Aiutiamoli a sorridere”, Arnaldo Corio, e il console Fabrizio Comba. Nella foto in basso: i piccoli pazienti, il personale sanitario e i volontari nel pomeriggio conviviale.

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